Politica

Coronavirus: l'Italia sta uscendo dalla pandemia ma non dagli incubi pregressi

di Simone Rosti



La pandemia, il più grosso shock dal dopoguerra, sta terminando. Per due mesi e mezzo abbiamo accettato, con sostanziale diligenza, le rigide regole imposte. Al Governo abbiamo dato carta bianca e lui l’ha riempita di tanti (ma stropicciati) provvedimenti per tutelare il bene primario: la salute. Non so se lo abbia fatto al meglio o meno, non avremo mia la controprova. Diciamo che va bene così, in un qualche modo ne stiamo uscendo. La pandemia è stata un grande anestetizzante, una grande azione democratica perché tutti, nessuno escluso, hanno avuto le stesse paure di fronte al virus.

E’ stato difficile sostenere ogni tipo di critica, quasi un sacrilegio contro la buonafede di chi stava governando nel periodo più doloroso della nostra storia recente. Ora però che si intravede la luce (quella del cielo almeno) subentrano con tutta loro irruenza le nubi del paese reale. Un paese che già prima della crisi doveva fare i conti con un’economica ferma da decenni e che ora siede su un mare di macerie. La classe politica che si troverà a gestire tutto questo sarà però la stessa di prima. Ecco: la peggiore crisi dal dopoguerra sarà governata dalla peggiore classe politica di sempre. Non c’è da essere ottimisti.

La crisi sarà generalizzata, ma per qualcuno (come l’Italia) sarà ancora più drammatica. In questi giorni assistiamo ad assurdi dibattiti sul MES, ominicchi della maggioranza (lasciamo perdere per pudore l’opposizione) fanno gli schizzinosi dicendo che serve ben altro, solo per tenere viva la bandiera di un simbolo stupido con stupidità. Un mio professore sosteneva che solo lo stupido stupido batte lo stupido, così come l’ignorante inconsapevole batte l’ignorante consapevole. Conte ha fatto quello che ha potuto, si è barcamenato con passione e umanità, ma a fine serata deve pur sempre rendere conto ai suoi azionisti che lo hanno voluto li (così come doveva obbedire al truce - copyright di Giuliano Ferrara - del Papete e ai suoi demenziali provvedimenti).

Si è circondato di mille task force solo per nascondere l’impossibilità a decidere alcunché, a parte imporre facili divieti e la nazionalizzazione bis di Alitalia, uno sfregio che grida vendetta. Parliamo anche delle non decisioni (fino ad ora) di supportare direttamente le imprese al collasso alle quali è stato detto: andate in banca, indebitatevi, lo Stato garantisce. Tutto ciò chiedendo un atto d’amore alle banche, ignorando totalmente in quale contesto normativo e regolamentare (europeo) esse devono necessariamente operare (altro che “senza istruttoria”). Insomma una politica delle parole, del pathos emozionale. Ora però la pandemia cederà il passo, non potremo più fregiarci il titolo di modello da seguire (che francamente nessuno ci ha mai attribuito) e torneremo ad essere un paese diretto verso un declino inevitabile, vittima del populismo, dei post, delle stelle nate per caso, della sfrontatezza di chi grida lupo al lupo, dei sognatori del ritorno della liretta.

Cambiare governo? Se non si affacciano leader preparati e credibili in grado di contendere il primato dell’onestà dei fatti e delle poche soluzioni possibili, nuove elezioni serviranno solo ad accelerare il declino. Siamo entrati anni fa nel blog dei 5 stelle (i cui esponenti avevano l’unica competenza di fare meglio di altri una buona application on line) e dei populismi alla ricerca del nemico (lo straniero, l’Europa, le multinazionali, ecc.) facendoci ingenuamente abbindolare da futuri anni bellissimi, per scoprire poi che le scorciatoie non esistono. La pandemia non ha fatto altro che accelerare i processi che erano già in corso. Scopriremo presto che aver tolto due alibi ai nostri politicanti (campo libero dai parametri europei o Mes senza condizioni) non sposterà di un millimetro la gravità della situazione del nostro paese che ha un’enorme palla al piede (debito pubblico, burocrazia, corruzione, evasione, ecc.) non facilmente rimovibile con atti d’amore.