Politica
Italia povera e scoglionata, Paese in ginocchio 80 anni dopo l'8 settembre
Ci troviamo ottanta anni dopo l'8 settembre 1943 (il giorno dell'Armistizio) con un paese in stato catatonico, ormai in pieno declino
Italia? Paese scoglionato, intristito, depauperato. In ginocchio 80 anni dopo l'8 settembre
Nove settembre 1943. A seguito dell'armistizio, o meglio della resa incondizionata agli angloamericani, la nave da battaglia "Roma", terza ed ultima unità entrata in servizio della classe Littorio nonché punta di diamante della Regia Marina, nella nottata precedente riceve l'ordine di salpare immediatamente da La Spezia per raggiungere la Corsica o un porto sotto controllo degli Alleati, alla testa di una munita flotta composta tra le altre anche dalla "Vittorio Veneto" e dalla "Italia". La Luftwaffe riceve repentinamente l'ordine d'attacco: da Marsiglia decollano 15 bombardieri Dornier Do 217 del Kampfgeschwader 100 equipaggiati ognuno con una innovativa bomba a radiocomando di tipo "Fritz X", ancora in pratica sconosciuta agli alleati e agli italiani stessi. Alle 15.50 del 9 settembre una seconda "Fritz X" colpisce in pieno la "Roma" che poco dopo affonda. 1393 marinai e il comandante, ammiraglio Bergamini, vanno a fondo con la loro nave.
Non a caso, Roma affonda. Il relitto è ancor oggi sott'acqua.
Otto settembre 2023. Ottantesimo anniversario della data fatale in cui lo Stato italiano IN SÉ (e non solo lo Stato sabaudo e poi sabaudo-fascista) si dissolse nel più vergognoso dei modi; un epilogo sotto le gaie note di Wanda Osiris e di Pippo Barzizza, tragicomico se non fosse stato frutto di gente crepata male. Si dissolse con la vergogna di una guerra infame, colpevole, folle, voluta e trascinata fino alle estreme conseguenze, ma in un clima da perenne operettina, l'albertosordismo italiano ante litteram. Con la vergogna della disfatta sociale e morale prima che militare. Le navi senza il radar, i biplani al posto dei monoplani moderni, i cannoni trainati dai cavalli, i carri armati tascabili, i moschetti di fine ottocento, le Beretta di calibro piccolo. Con la vergogna del pressappochismo e della confusione mentale espressa nei mesi precedenti e culminata allo zenit in quella giornata dell'otto settembre 1943, di fronte ad una nazione perfino stupita di essere tanto stupida. Si dissolse, in quelle decisioni da sorci di fogna all'abbandono della nave, in quel tetro annuncio radiofonico di resa ad opera di un maresciallo Badoglio vecchio e malvestito, patetica parodia di generale vetusto e buio, petto ai feroci quanto elegantissimi comandanti della Wehrmacht o ancor peggio ai magnifici angloamericani con il giaccone Montgomery, l'elmetto cromato, i giubbotti di pelle e le Colt con le guancette in madreperla. E con la vergogna della inettitudine dei dirigenti del regime fascista autoaffondatosi, con l'orbace diventato fuorimoda nel volger di poche ore, con la vergogna di un paese consegnatosi al fascismo servo dei nazisti tedeschi, con la vergogna finale della fuga sciatta del sovrano, della sua famiglia imbelle e dei vertici militari onusti di pennacchi e greche su per il deretano.
Ottanta anni fa, oggi, anzi ieri, anzi domani.
Oltre centocinquant'anni di irredentismo e di ricostruzione di una patria già perduta e poi ritrovata, e poi buttata via a una mano di carte brutte. Tutto buttato via, per non tornare mai più. Quel giorno noi italiani perdemmo una indipendenza che oggi, 9 settembre 2023, non vediamo neanche col binocolo.
Tutto buttato nel cesso, non certo in quelle 24 ore, ma semmai nei 24 anni precedenti, ed in particolare dalla data merdosa del trattato di alleanza con la Germania hitleriana e con un Giappone nelle mani di una banda di samurai tronfi di sangue. Tutto buttato nel cesso soprattutto con la verminosa promulgazione delle Leggi razziali e nella dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra, forse i punti più bassi mai raggiunti nella Storia del nostro paese.
Un colpevole principale, senza possibilità di incertezza: Mussolini Benito. Un colpevole non secondario, certificato e continuato: di Savoia Vittorio Emanuele terzo. Un colpevole a costoro ancor superiore: il popolo italiano, o forse meglio la relativa classe dirigente; incapace di gestire la fine del Risorgimento, la Grande guerra, incapace di gestire la vittoria della medesima e la crisi economica e sociale successiva, incapace di opporsi al fascismo nel primo dopoguerra, incapace di impedire e poi anche di gestire la partecipazione ad una guerra criminale, incapace di gestirne la uscita per tempo, né fuori tempo.
Un tracollo generale dovuto alla somma di codeste pazzie degenerative individuali e collettive concretizzatosi e plastificatosi il giorno otto di settembre del 1943. Una trauma nazionale da cui non è possibile riprendersi del tutto, e da cui non ci siamo ancora ripresi ottanta anni dopo.
Quello stesso giorno di demenza italiota determinò però, per necessità di reazione anche molto celere, gli elementi cogenti della nascita della nostra Repubblica: la Resistenza armata, la formazione dei partiti politici repubblicani, la idea stessa di paese moderno, evoluto, civile, basato sui principi espressi da una Costituzione di una Repubblica parlamentare e democratica.
Che cosa è rimasto OGGI di questa reazione popolare italiana che portò la nazione dalla umiliante sconfitta della Seconda guerra mondiale alla ricostruzione, al piano Marshall, al boom economico, allo sviluppo e a una delle più prestigiose poltrone dei paesi G7 più evoluti (in teoria) del pianeta?
Ci troviamo OTTANTA ANNI DOPO un paese in stato catatonico, ormai in pieno declino, senza possibilità in vista di veruna soluzione o riscatto, con una popolazione imbambolata, impoverita, preda di una classe dirigente e non (politica, imprenditoriale, borghese e neo-non-proletaria, ché i figli ormai li fanno solo i ricchi o gli immigrati) fatta di INETTI TERMINALI, quando non di DELINQUENTI CONCLAMATI. NESSUNO dei problemi MORTALI che minacciano di seppellirci tutti è nemmeno lontanamente affrontato con le benché minime prospettive di risoluzione. In attesa di essere del tutto dissolti dalla migrazione epocale dai paesi del Terzo mondo; migrazione di massa che ancora non è avvenuta, ma che ci spazzerebbe via per primi, prima dei paesi del Nord Europa, meglio difesi dalle Alpi e dai loro governi, per quanto altrettanto imbecilli e corrotti, ma mai quanto i nostri. Bye bye Palermo, Bari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Genova, Venezia, Torino e Milano: WELCOME to RIO e le sue favelas. Che goduria, il bel mondo che verrà: CIAO CIAO tortellini, sarde in saor e risotto alla milanese; da domani solo pappone di miglio bollito, riso basmati scotto e dolciastri fagioli rossi per tutti, nello stesso truogolo, ché la argenteria se la tengono a Davos, in Svizzera. E per tutti gli altri posate di plastica, pardon, le mani, ché la plastica non è abbastanza GREEN. E tutti a piedi, naturalmente; le Mercedes rimaste le usano i pochi rimasti a lavorare, meglio se in finanza o nel fortino dell'HIGH TECH, ovvero i pochi ancora risparmiati dall'Armageddon della disoccupazione globale, soprattutto del terziario, cagionata dalla Intelligenza Artificiale.
E nella Italiuccia fu così che dopo Tangentopoli e la mesta fine proprio di quella Prima Repubblica, uscita dal marasma del disastro del conflitto mondiale, abbiamo avuto TRENT'ANNI di alto medioevo spacciato per anni ruggenti (sì, ma di Silvio Berlusconi e delle sue puttane, in coppia con la cosca apparentemente rivale: i mostri mutanti eredi dello sconforto della morte del Partito Comunista Italiano, assurti al ruolo incestuoso e cannibalico di opposti di sé stessi. Da rappresentanti delle classi subalterne ad assassini e becchini delle medesime).
Dopo trent'anni di orgia allo sfascio siamo passati da quarta o quinta potenza economica MONDIALE a paese povero. E mentre gli stipendi medi in tutta Europa sono aumentati dal 30 al 120 percento, ecco che in Italia sono DIMINUITI del 3 percento, mentre i prezzi di QUALUNQUE COSA sono esplosi di oltre il 300% praticamente su ogni paniere disponibile. Mercato interno decotto, esportazioni sostenute grazie allo sviluppo altrui, ma a costo di svuotare la industria nazionale, di svendere gli asset, le grandi aziende, le telecomunicazioni, la compagnia aerea di bandiera, e di delocalizzare la produzione industriale di base, mettendosi nelle mani dei paesi emergenti, i cosiddetti BRICS, che il conto lo presentano a pronta cassa.
La fine anche del ruolo politico internazionale sostenuto, pur con emorme fatica, dalla classe dirigente democristiana e socialista (pur meno inetta della successiva) con una funzione di ponte tra Occidente, Russia, Medio Oriente e perfino Cina e India.
Una nuova (si fa per dire) susseguente classe politica romana (di adozione e non) di cialtroni improvvisati ignoranti e decerebrati oltre ogni soglia del ridicolo: selezionati appositamente per la sola funzione di YES MEN da TUTTE, nessuna esclusa, da tutte le formazioni politiche italiane. E pagati sempre più profumatamente, sopra e sottobanco, per obbedire pedestremente AL PADRONE del vapore: il vincitore di ottanta anni prima; lo Zio Sam.
Ma non più lo Zio Sam dello sbarco in Normandia e dei dollaroni a pioggia; anche lui non è più lui: oggi lo Zio Sam non ha più vergogna a depredare ed uccidere tutto ciò che gli capita a tiro, e al posto di Roosevelt e Eisenhower ha un palazzinaro nevrotico coi capelli intinti nella polenta ed un povero svanito Matusalemme ipergeriatrico, nelle mani di burattinai altri, senza nome ma che hanno in mano il 70 percento della ricchezza mondiale, e che mica li puoi trovare: non stanno neanche più a Wall Street, che li insulti a fare, sono fuori sede stabilmente, molto probabilmente in acque internazionali, su quelli che una volta si chiamavano megayacht. Con le puttane naturalmente, e lo Champagne.
La perfezione della ricetta di un suicidio perfettamente congruente con la idiozia delinquenziale che portò l'Italia all'otto settembre di ottanta anni fa. Soltanto con la LIEVE differenza di avere OGGI un paese DISARMATO, senza quegli ufficiali degli Alpini che costituirono la ossatura e buona parte degli effettivi della lotta partigiana che contribuì a liberare il paese dai nazifascisti.
Siamo un paese scoglionato, intristito, depauperato, disarmatissimo, ulteriormente umiliato in primis da sé stesso e dai propri connazionali imbecilli, collusi e corrotti, inginocchiato dalla PANDEMENZA DEL COVIDDI appena semi-archiviata, apoteosi di autolesionismo e riduzione in schiavitù al nuovo ordine turbocapitalista ormai fuori controllo. Una copia carbone di antica potenza decaduta ridotta a servetta prima dei tedeschi, poi degli americani, poi ancora dei tedeschi e poi ancora degli americani, come mai prima d'oggi. Un paese apparentemente incapacissimo di reagire al proprio tracollo, come viceversa fu, paradossalmente, quel giorno di ottanta anni fa.
Allora la reazione ci fu, eccome. Non sembrò immediata, ci vollero mesi perché prendesse corpo, ma si palesò in realtà da subito. La rana bollita italica era zompata fuori dalla pentola, ustionatissima ma ancora viva.
Nel 2023 siamo bolliti quasi allo stesso punto. Siamo moribondi, ma non siamo ancora morti. Nel 1943 furono le giovani generazioni a dare un colpo ai vecchi merdosi colpevoli. Oggi abbiamo 4 generazioni in gioco: i vecchi figli del secondo dopoguerra, che hanno ricostruito l'Italia, ormai stanchi morti, e a buon titolo, se non tecnicamente proprio morti (come il già compiantissimo Berlusconi Silvio). Gli ex sessantottini, oggi chiamati BOOMER, diventati poi quasi tutti berluschini libbberisti, che hanno in gran parte sfasciato lo sfasciabile. Gli ex giovani, la Generazione X (di cui fulgidi esempi sono le figurine Panini del disagio attuale: Meloni, Salvini, Conte...). I non-giovani + i gggioFani ; le generazioni Y e Z (Elly Schwanz, quasi 40 anni, ma giusto perché messa lì dai sessantottini e boomer precedenti, in realtà ancora saldamente al comando. Generazione Z non pervenuta, neanche per minima manifestazione studentesca, se non per delirare a vanvera sulle scempiaggini LGBTQPRXS$$$TIKAZZZZZY+++). Come si vede, un quadro di mera desolazione desertica da olocausto della decenza. E sarebbero questi quelli che dovrebbero rappresentare la reazione alla CLOACA attuale? Ahhh, ANNAMO BBBENE, come avrebbe detto la Sora Lella.
Ottanta anni fa, otto settembre 1943, all'inizio furono in pochi a procurarsi un fucile Mannlicher-Carcano o un mitra MAB e a salire in montagna, ma su quei pochi si basò la fondazione di una Repubblica. Oggi per Repubblica si intende un branco di plutocrati predoni o al massimo una spompa e negletta caricatura di giornale di regime.
E sapete chi sono i più colpevoli? Siamo noi, che glielo abbiamo lasciato fare. E siamo noi, che un Mannlicher-Carcano non ce lo abbiamo più, neanche nella testa, quando più ce ne sarebbe bisogno. Ottanta anni buttati in un secondo, tragico Fantozzi? Forse, forse. Non a caso anche Fantozzi ad un certo punto si ribella, ma poi cede alle lusinghe mielose del megapresidente e si fa fottere per la ennesima volta. Fino alla prossima rivoluzione. Se mai ci fosse.