Sicurezza cibernetica. Chiavi di casa al ladro o porta blindata made in Italy?
Parla il Gen. Tricarico
È noto che, in Italia, l'interesse nazionale non ha una sua compiuta definizione, ne' nei suoi caratteri generali ne' nelle articolazioni che lo compongono; nella migliore delle ipotesi, chi ha pubbliche responsabilità ne identifica uno proprio e, corretto o imperfetto che sia, lo persegue nelle scelte quotidiane.
A prescindere da questa ennesima italianità negativa, esistono tuttavia postulati specifici cui non si può derogare, pilastri sui quali non si è ancora costruito ma che tali rimangono, pena un grave pregiudizio per l'architettura che dovranno sostenere, ossia l'interesse nazionale, quando un giorno verrà edificato.
Uno di questi pilastri, certamente non secondario, riguarda il mondo dell'informatica, un mondo caratterizzato da grande effervescenza, accompagnata però da una diffusa inconsapevolezza, anche in alcuni palazzi in cui dovranno prendere via via forma le decisioni fondamentali atte a mettere ordine nel settore.
Un mondo dove sono ugualmente e costantemente a rischio il semplice, singolo cittadino, così come le grandi infrastrutture che regolano la vita di ogni giorno, l'energia, le comunicazioni, i trasporti, il mondo della finanza.
Se questo è lo scenario, non può sfuggire ad alcuno la necessità e l'urgenza di progettare e tessere una rete di protezione diffusa e robusta, che possa mettere al riparo chiunque sia connesso in rete, ed in special modo gli asset strategici, dalle scorribande di hackers, o di criminali di ogni specie, non infrequentemente impersonati da istituzioni di altri stati che operano sotto mentite spoglie.
Insomma, un vero e proprio caotico assedio alle reti, ormai ben etichettato dagli esperti come Advanced Persistent Threat, ossia rischio ininterrotto e di natura sempre più sofisticata, a carico della sicurezza dei cittadini e degli strumenti informatici che ne scandiscono la vita quotidiana.
Venendo al punto, e cioè alla necessità di tenere la barra al centro pur navigando nel caos, deve essere chiaro a tutti che chi ha la capacità scientifica, tecnologica ed industriale di edificare le proprie difese, deve provvedervi in proprio, astenendosi accuratamente dal rivolgersi all'estero. Non farlo, sarebbe come consegnare le chiavi di casa ad un ladro o chi all'occorrenza può diventarlo. È fin troppo chiaro che nel settore non esistono paesi amici od alleati, nella migliore delle ipotesi esistono soltanto paesi competitori; paesi cui non può essere concesso di "curiosare" con le più disparate finalità nelle attività di utenti di rete nazionali o nei sistemi informatici delle infrastrutture critiche, finanche in quelle militari.
Posta in gioco alta quindi, più che di interesse nazionale sarebbe appropriato parlare di interesse vitale, da qui la necessità, potendo, di fare tutto in casa.
Se non ci fosse il rischio di essere tacciati di velleitarismo o di essere la parodia bonsai di Trump, verrebbe da consigliare di inserire nelle norme della Presidenza del Consiglio per la tutela del segreto, l'obbligo di usare solo prodotti nazionali per la messa in sicurezza delle reti, almeno di quelle su cui viaggiano dati ed informazioni da tutelare.
Senza parlare di un altro profilo di illogicità nei possibili comportamenti di chi è tentato di lasciarsi sedurre da sirene straniere.
In Italia, patria della creatività, (compresa quella scientifica), esiste una miriade di imprese, anche piccole, addirittura individuali, proprietarie di un know how di avanguardia ed altamente competitivo nel mondo dell'informatica; imprese che andrebbero prese sotto l'ala di qualche industria di ampie dimensioni la quale, pur vantando pretese nel business informatico, altro al momento non è in grado di fare se non integrare sistemi sviluppati da altri.
Sarà ugualmente importante promuovere la nascita di una robusta capacità privata, insostituibile sopratutto nelle attività di esportazione, federando le imprese più vivaci del settore, propense a mantenere una identità non pubblica.
Ed in definitiva, non sarebbe male se il vertice di governo, gia' da tempo fortemente impegnato nella progettazione delle strutture di gestione dell'intera materia, operasse una ricognizione delle eccellenze del settore e, tenendo conto delle propensioni e capacità di ognuno, ne favorisse l'inserimento in un disegno unitario di sicurezza nazionale.
Una parola di chiarezza era necessaria, l'auspicio e' che l' inderogabilità dell'"only Italian" divenga quanto prima patrimonio comune di ogni attore, piccolo o grande che sia, a beneficio della sicurezza informatica del nostro paese e del suo sviluppo industriale in un settore in cui ha evidenti e certe potenzialità di crescita e competitive.
Gen. Leonardo Tricarico
*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del
Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa