Politica
Pd, Gentiloni insidia Schlein come segretario. Due leader opposti: Elly di piazza, l'ex premier più affidabile
L'analisi sulla sfida interna al primo partito di opposizione

Schlein e Gentiloni rappresentano dunque due strade opposte, per rispondere alle sfide politiche e sociali di un Paese che sta attraversando una complessa fase di cambiamento
In questi giorni si ragiona di una possibile candidatura alla segreteria del Pd, alternativa a quella di Elly Schlein, nella persona di Paolo Gentiloni. L’ipotesi è in qualche modo suggestiva, e stimola una inevitabile riflessione psicopolitica: come sarebbe un Pd a guida Gentiloni, rispetto al Pd a guida Schlein? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo considerare il profilo psicologico delle due figure in questione.
Prima donna assurta alla carica di segretario, e leader più giovane nella storia del Pd, Elly Schlein ha portato un’indubbia ventata di novità nella gestione del partito. Soprattutto sul piano della comunicazione. A fronte di un eloquio talvolta anche complesso e articolato, la sua espressività fisica le ha dato un carisma molto diverso da quello dei segretari precedenti, capace di far risuonare le corde di due elettorati: i giovani e le donne. Attraverso il volto aperto, le mani sempre in movimento, le posture dinamiche e la cadenza enfatica, Schlein sa trasmettere energia e carica emotiva. Il suo è un atteggiamento estroverso verso la politica, che intreccia la dimensione personale con l’attività pubblica. L’aperta ammissione dell’appartenenza alla comunità LGBTQ+, per esempio, le ha consentito una forte affermazione identitaria, confermata dal suo impegno in prima persona, con una partecipazione attiva a cortei e manifestazioni.
Il Pd a guida Schlein è dunque un partito connotato da un taglio narrativo più giovanile, prevalentemente femminile e che non si limita a un programma politico, arrivando ad avvicinarsi a un vero e proprio stile di vita.
Se Schlein è l’onda improvvisa che sorprende, Gentiloni è invece il saldo scoglio su cui l’onda stessa (anche se intensa) si infrange. Paolo Gentiloni incarna infatti un profilo molto diverso da quello di Schlein, un profilo riflessivo e istituzionale, in cui la stabilità è un tratto distintivo. La sua comunicazione è ponderata, misurata e pacata, priva di slanci emotivi o di impulsi improvvisi. La gestualità contenuta, la postura salda, l’aspetto sobrio e lo stile formale contribuiscono alla costruzione di un’immagine di sicurezza e di affidabilità. Il background familiare aristocratico lo colloca all’interno di un concetto di classe dirigente consolidata, abituata alla gestione del potere, e lo rende un saldo riferimento istituzionale. Il suo stile sobrio e la capacità di mediazione rafforzano questa immagine, ma al tempo stesso possono farlo apparire meno coinvolgente e più distante dalle nuove generazioni e dai settori più movimentisti del partito.
Un eventuale Pd a guida Gentiloni sarebbe dunque un partito più adulto nel target elettivo e più tradizionale nel taglio comunicativo, con un gruppo dirigente dai codici simbolici più “maschili” e più vicino ai circoli intellettuali che ai movimenti di piazza.
Schlein e Gentiloni rappresentano dunque due strade opposte, per rispondere alle sfide politiche e sociali di un Paese che sta attraversando una complessa fase di cambiamento. Se da un lato la prima strada (quella di Schlein) promette entusiasmo e mobilitazione, dall’altro la seconda (quella di Gentiloni) può parlare preferenzialmente di competenza e di affidabilità. Chi ha più probabilità di conquistare l’elettorato di riferimento? Una domanda complessa, per rispondere alla quale occorrerebbero specifici dati demoscopici.