Economia

Cina, occhio alle ripicche Usa. Btp fuoristrada sulla via della Seta

Buddy Fox

Il debito, materia di scambio soprattutto con gli Stati Uniti che ci forniscono accordi economici e finanziari e chiedono in cambio fedeltà nelle relazioni

Nonostante il nome sia apparso per la prima volta a fine '800 ad opera del geografo tedesco Ferdinand von Richtofen, la "via della seta", cioè i circa 8000 km via terra, mare e fiumi, esiste sin dall'antichità e per suo tramite si sono realizzati i commerci tra l'impero cinese e quello romano. É sempre stata sfruttata da tutti. Ai tempi di Giustiniano, per esempio, Costantinopoli forte della sua posizione geografica privilegiata, dominava i traffici commerciali nel mediterraneo. Senza andare così indietro nel tempo, anche ai tempi di Chirac, per dire, o di Schroeder, era una via molto battuta. Capeggiando uno stuolo di molti importanti imprenditori dei loro rispettivi paesi, riportarono a casa molti accordi commerciali.

Era il 2004, l’inizio del nuovo millennio e la Cina era fresca di nomina come nuovo membro del Wto. L'idea che questi incontri generarono fu di un certo ottimismo nei confronti di una Cina più orientata all'apertura in tema di politica economica e più disponibile a rivedere le proprie posizioni in fatto di diritti umani non certo inviolati. Tutto osservato con l'occhio distaccato dello storico che osserva e annota. Scene, incontri, contratti e grandi strette di mano che si sono ripetute nel 2006, quando all’inaugurazione dell’anno si presentarono puntuali gli stessi due sopra citati, Chirac e Schroeder, alla corte dell’imperatore, seguiti dai rispettivi establishment per concludere nuovi affari, al motto ognuno faccia il meglio per il proprio paese, e chi se ne importa dell’Europa unita.

L’Italia, mancò anche quell’occasione, peggio, dopo le battute poco simpatiche nei confronti del popolo cinese (celebre “in Cina i comunisti bollivano i bambini), riuscì a peggiorare i rapporti tra i due paesi, raffreddando gli scambi commerciali. Giusto per la cronaca, se Francia e Germania inviarono i rispettivi capi di stato accompagnate dalle èlite più prestigiose, l’Italia all’inaugurazione dell’anno cinese inviò Rocco Buttiglione. Ma quella era una Cina che non faceva paura, anzi, era una fabbrica gigante da sfruttare, con nuovi lavoratori a basso costo di manodopera e instancabili lavoratori, il vero generatore della deflazione globale, un mercato da sviluppare per generare un nuovo esercito di consumatori e ingigantire i profitti delle Big Company.

Missione compiuta. Solo oggi, che, per dirla con il titolo di un film di Bellocchio della metà del secolo scorso, la Cina è vicina all’Italia, dove è prossima a sbarcare per firmare un’importante accordo, si ergono sulla scena internazionale cori discordanti, ricatti, critiche, da un lato c’è chi manifesta l’attuale situazione come un grave pericolo per la nazione, ed che invece lo definiscono una potenziale occasione da valutare attentamente e sviluppare. In questo paese non si capisce mai quale sia la scelta giusta, se nei primi anni del 2000 l’opposizione (Prodi in testa) accusavano il governo Berlusconi di troppa diffidenza, prudenza e ostilità nel condurre affari con la Cina, oggi al contrario, che con il Celeste Impero stiamo per firmare importanti contratti, l’accusa è contraria.

(Segue...)