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Luca Ward da camionista in Iraq a doppiatore: “Non hai la scintilla, dicevano”
Il doppiatore Luca Ward si racconta nel libro-autobiografia: i tanti lavori, i problemi con le figlie, la battuta del Gladiatore ripetuta 30 volte
Ma il talento c’era, quello, come recita il titolo del libro, di “essere nessuno” (e pirandellianamente centomila considerando tutte le reincarnazioni della sua voce). E a un certo punto ha preteso di essere preso in considerazione: “Verso i venti anni mi è venuta voglia di una rivalsa verso chi non aveva compreso mio padre, anche se ho dovuto lavorarci parecchio, all’inizio nel doppiaggio ero davvero un nessuno…“. Gli toccavano poche battute in stile “il caffè è pronto” e il giudizio comune su di lui era “non hai la scintilla”.
“Mi misi a studiare come un pazzo, passavo intere notti sveglio”.
La scintilla arrivò, insieme alla consapevolezza, precisa, che “non si doppia solo con la voce ma con il cuore, con la testa e con la vita” e da lì il successo nell’84, con il primo doppiaggio di un attore protagonista in A trenta secondi dalla fine del regista Andrej Končalovskij. Seguono doppiaggi mitici: Samuel L. Jackson in Pulp fiction, il bondiano Pierce Brosnan (“al provino mi emozionai”) e, su tutti, Massimo Decimo Meridio de Il Gladiatore.
Luca Ward: “Scatenate l’inferno ripetuta 30 volte”
“'Al mio segnale scatenate l’inferno’ la battuta per la quale ancora mi fermano per strada, dovetti rifarla trenta volte, Fiamma Izzo, direttrice del doppiaggio non era mai soddisfatta…”, racconta.
Una fatica che, successo del film e del mitologico doppiaggio a parte, ha dato i suoi frutti. “Dopo Il Gladiatore sono arrivate le chiamate da attore, non ero più solo quello che fa doppiaggio”. Da Elisa di Rivombrosa a Cento Vetrine, Ward da voce è diventato anche volto e oggi, chiarisce, non rinuncerebbe mai né a teatro né a tv, cinema o doppiaggio “non solo per la passione, ma perché così hai la garanzia di lavorare tutti i giorni”.
Il mondo del doppiaggio precisa, non è però più quello di una volta, soprattutto per quando riguarda le serie internazionali: “Si lavora sulla velocità, gli episodi arrivano con il contagocce, e questo non permette lavorare al meglio” premette, dicendosi insoddisfatto della sua voce prestata a Hugh Grant in The Undoing: “Fino alla terza puntata pensavo che fosse una commedia, non si può fare un mestiere artigianale rendendolo industriale”. I compensi però sono artigianali: “Un turno di doppiaggio di tre ore, quando va bene, viene pagato 200 euro lordi, ma ci si può fermare anche a 90 - chiarisce - e se si pensa a quanti incassi i doppiatori portano al film è davvero poco”.
Luca Ward e il dolore per le figlie
Ricca di aneddoti divertenti, a partire da quando attaccò il telefono in faccia alla segretaria di Brosnan pensando che si trattasse di uno scherzo, l’autobiografia di Ward non tralascia gli alti e i bassi della sua vita privata: dai sei anni impiegati per riconquistare la primogenita Guendalina che non voleva più parlargli dopo la separazione dalla mamma alla malattia rara, la sindrome di Marfan, di cui è affetta la terzogenita Luna, 11 anni, nata, come Lupo, dal suo secondo matrimonio.
“Li ho raccontati per due ragioni precise - spiega - nel caso di Guendalina per far capire ai padri che quando accadono queste fratture la colpa è sempre degli adulti e non dei figli, la seconda per spingere gli investimenti sulla ricerca. Quando ci sono i soldi le cure si trovano, come è successo con il vaccino per il Covid”.