Economia

Ex Ilva, slitta l'ingresso dello Stato al 60%: intesa Invitalia-Mittal nel '24

Confermati ai vertici di Acciaierie d’Italia il presidente Franco Bernabé, per la parte pubblica, e l’amministratore delegato Lucia Morselli

Ex Ilva, mancano ancora le condizioni per il passaggio pubblico: via libera allo slittamento di 24 mesi

Via libera alla firma del contratto che proroga di due anni, sino a maggio 2024, il rapporto tra Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria. La prima è la società operativa dalla primavera del 2021 e di cui fanno parte il privato ArcelorMittal e Invitalia per lo Stato, con ruolo, rispettivamente, di maggioranza e minoranza.

La seconda, invece, è la proprietaria degli impianti del gruppo siderurgico in tutti gli stabilimenti, da Genova a Taranto. Impianti dati in fitto ad Acciaierie d’Italia dietro versamento di un canone. Ilva in as è gestita da tre commissari straordinari nominati dal Mise.   

La proroga del contratto era già la soluzione individuata nelle scorse settimane, tant’è che le parti hanno avuto diverse riunioni tra Milano e Roma insieme ai propri legali. Ai vertici di Acciaierie d’Italia restano il presidente Franco Bernabé (per la parte pubblica) e l’amministratore delegato Lucia Morselli (in quota Mittal). 

Tra Ilva e Acciaierie d’Italia viene quindi prorogato a maggio 2024 il contratto in essere e spostata a quella data anche la salita dello Stato, attraverso Invitalia, al 60 per cento del capitale, oggi il pubblico è al 38 per cento ma esprime gli stessi diritti di voto del privato. 

Lo slittamento di 24 mesi ha le sue motivazioni nel fatto che alla data odierna non si sono realizzate quelle condizioni che, indicate nel contratto del 10 dicembre 2020, avrebbero dovuto portare Invitalia al 60 per cento, con l’esborso di altri 680 milioni - dopo averne già versati 400 nella primavera 2021 - e all’acquisto, da Ilva in amministrazione straordinaria, dei rami di azienda Ilva che attualmente sono dati e gestiti in fitto.   

Tra queste condizioni, definite sospensive, la principale che non si è verificata è il dissequestro degli impianti dell’area a caldo. Sequestro scattato per gravi reati ambientali, su ordine delll’allora gip Patrizia Todisco, a luglio 2012, e vigente tuttora ma con la facoltà d’uso poiché la legge riconosce a Ilva lo status di impresa strategica nazionale. Per il dissequestro, gli avvocati di Ilva in as, Filippo Dinacci e Angelo Loreto, hanno avanzato istanza a fine marzo alla Corte d’Assise di Taranto, che proprio un anno fa, con la sentenza del processo “Ambiente Svenduto”, ha disposto la confisca degli stessi impianti accogliendo la richiesta dei pm.   

I legali hanno chiesto il dissequestro asserendo che dieci anni dopo la situazione dell’ex Ilva è cambiata, che la gestione Riva non c’è più e che le prescrizioni ambientali sono state eseguite al 90 per cento. La Corte non si è ancora espressa sul dissequestro, così come non ha ancora depositato le motivazioni della sentenza di fine maggio 2021.

Tuttavia il parere negativo già dichiarato dalla Procura alla stessa Corte sul dissequestro, gli impianti per la Procura sono ancora pericolosi, la ragionevole ipotesi che anche la Corte si esprima negativamente e soprattutto il fatto che ad oggi e non si è realizzato quanto prefigurato a dicembre 2020, ha portato le parti in campo a virare verso una proroga del contratto. Che oggi viene formalizzata. 

Si sono scelti due anni di proroga anziché un tempo più breve perché le prescrizioni Aia scadono ad agosto 2023 e solo dopo questa data l’Ispra potrà certificare se tutti gli investimenti ambientali indicati, per avere meno emissioni inquinanti ed una produzione di acciaio più sostenibile, sono stati effettuati o meno.  "Fondamentalmente l’impianto è più o meno quello”, ha detto qualche giorno fa il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti sul contratto, parlando di modifiche solo per le parti dove si è reso necessario intervenire per le nuove circostanze.

Il ministro ha anche confermato è “irrinunciabile” il passaggio dello Stato al 60 per cento. Molto critici i sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm sulla proroga. Sindacati metalmeccanici che aspettano la convocazione del Governo sull’Ilva dopo gli scioperi del 2 maggio a Genova e del 6 maggio a Taranto e dopo il mancato accordo, a fine marzo al ministero del Lavoro, sulla cassa integrazione straordinaria per un anno, attualmente in corso per 3.000 dipendenti del gruppo come numero massimo. I sindacati temono che la proroga contrattuale mantenga l’ex Ilva in un ulteriore, lungo periodo di incertezza e di stasi. Che coinvolgerà sia il gruppo con i suoi dipendenti ma anche tutto l’indotto, soprattutto a Taranto.

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