Politica
Giustizia, la sinistra "riabilita" Berlusconi: verso una riforma bipartisan?
Dopo le scuse di Di Maio a Uggetti, un nuovo segnale: la svolta è radicale. La politica si prepara a sciogliere nodi ancora irrisolti?
La spallata finale al Governo Conte II
Il destino ha invece voluto che il ruolo di Guardasigilli fosse affidato ad Alfonso Bonafede, la cui immagine è stata notevolmente offuscata dalle vicende riguardanti la scarcerazione di alcuni boss della criminalità organizzata e la mancata nomina di Nino Di Matteo al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, competente sul tema. Proprio il preannunciato venir meno della maggioranza sulla relazione di Bonafede in merito alla prescrizione è stata la spallata finale che ha fatto cadere il Governo Conte II, aprendo la strada al'avvento salvifico di Draghi. Nel contempo, la cronaca ci ha riservato diversi altri episodi degni di nota. L’avviso di garanzia a Stefania Bonaldi, Sindaca Pd di Crema, è diventato il simbolo di un problema che da tempo era confinato alle discussioni tra gli addetti ai lavori: oggi un primo cittadino ha più oneri che onori e per stipendi spesso ridicoli viene esposto a conseguenze giudiziarie anche per colpe molto discutibili. Nel caso di specie, si tratta di un bambino che si è schiacciato le dita all’asilo comunale, ma (da Uggetti a migliaia di altri casi sparsi in tutta Italia) quello del Sindaco sta diventando sempre più un lavoro per kamikaze.
Politica e giustizia: il conflitto tra poteri
Perché se ne parla da anni, ma non si riesce mai a fare una riforma della giustizia? La spiegazione è semplice: troppo spesso chi la propone è in palese conflitto di interesse, avendo qualche conto da sistemare con la magistratura. La delegittimazione della politica si deve in primo luogo ai politici stessi: mica a tutti, si intende, ma certamente a quelli che anteponendo l’interesse personale a quello della comunità hanno avvelenato i pozzi anche per chi invece interpreta il ruolo in maniera seria, onesta e talvolta persino eroica. Da “Tangentopoli” in avanti, il rapporto politica-magistratura è stato clamorosamente sbilanciato in favore di quest’ultima, anche agli occhi dell’opinione pubblica. Il cambiamento del quadro è legato anche ai recenti casi, da Palamara ad Amara, che hanno gettato un’ombra sulle toghe. Anche nel loro caso sarebbe ingiusto fare di tutta l’erba un fascio: le eventuali responsabilità vanno accertate e sanzionate caso per caso, anche a tutela di chi invece onora la propria funzione. Il problema è che anche una sola distorsione di un corretto iter giudiziario mette a rischio valori fondamentali come la libertà e l’onore della persona, oltretutto difficili da ristorare una volta che sono compromessi. Questo vale sia che si tratti di un potente uomo politico (come ad esempio l’ex ministro Salvini, peraltro bravissimo a capitalizzare politicamente le proprie esperienze coi giudici) sia di un comunissimo cittadino inciampato in una vicenda più grande di lui. Anche da questa crescente consapevolezza nascere l’enorme interesse mediatico per il caso-Palamara, che riguarda chiunque, e chissà che un diverso clima nell’opinione pubblica non favorisca il raggiungimento di un accordo politico sul riassetto della materia. Finora è stato impossibile, ma i segnali di cambiamento che si intravedono all’orizzonte potrebbero riaprire questo spinoso faldone.